Le terme

Il mito

Secondo la leggenda, Ercole – di passaggio nell’Etruria – fu sfidato dai Lucumoni etruschi a dare prova della sua forza straordinaria: l’eroe, per tutta risposta, conficcò in terra un enorme palo che solo lui riuscì a divellere. Sembra che dal grande cratere creatosi nel terreno iniziò immediatamente a scaturire acqua bollente (bulicante): da qui il nome Bullicame, che ancor oggi identifica la sorgente principale del bacino termale viterbese.Secondo la leggenda, Ercole – di passaggio nell’Etruria – fu sfidato dai Lucumoni etruschi a dare prova della sua forza straordinaria: l’eroe, per tutta risposta, conficcò in terra un enorme palo che solo lui riuscì a divellere. Sembra che dal grande cratere creatosi nel terreno iniziò immediatamente a scaturire acqua bollente (bulicante): da qui il nome Bullicame, che ancor oggi identifica la sorgente principale del bacino termale viterbese.

I primi estimatori delle terme di Viterbo

Nonostante le origini romanzate, è accertato che le proprietà terapeutiche delle acque termali di Viterbo fossero già conosciute e apprezzate dagli Etruschi tant’è vero che gli Antichi Romani, quando arrivarono in queste zone all’inizio del III secolo a.C., trovarono insediata una civiltà dalla cultura termale già estremamente raffinata. Grandi estimatori del termalismo, è ai Romani che si devono gli interventi di miglioramento e ampliamento delle strutture termali locali, alcuni dei quali sono visibili ancora oggi. La rilevanza del complesso termale locale è attestata da numerose testimonianze di letterati romani: citate da Tibullo e da Simmaco, lodate per i molteplici benefici alla salute e per la magnificenza degli edifici da Marziale e dal medico dell’Imperatore Tiberio, Scribonio Largo, le terme di Viterbo furono esaltate da Strabone come “dotate di acque tanto abbondanti da rivaleggiare con quelle celeberrime della baia del capo Miseno”, località nota all’epoca per lo straordinario numero di sorgenti.

La Divina Commedia

La fine dell’impero romano causò un temporaneo declino nella frequentazione della zona termale. L’utilizzo a scopo terapeutico fu ripreso a partire dal XIII secolo e le sorgenti termali viterbesi tornarono a essere frequentate. Sembra che, verso la fine del 1200, lo stesso Dante Alighieri si trovò a passare per Viterbo e, colpito dalla grandiosità del Bullicame, lo rese famoso menzionandolo nella Divina Commedia: “Qual del Bulicame esce ruscello/ che parton poi tra lor le peccatrici/ tal per la rena giù sen giva quello…” (Inferno”, XIV, 79-81).

Papi e artisti

Numerosi furono i pontefici che mostrarono il loro apprezzamento per le proprietà terapeutiche delle acque termali viterbesi. Sembra che le frequentassero per curarsi da malattie quali i reumatismi, la gotta e il “mal della pietra” (calcoli renali). Supportando il restauro e l’ampliamento delle strutture, essi assicurarono alla città un nuovo periodo di notorietà e di benessere economico, sì da rendere famose le terme viterbesi con il nome di “Terme dei Papi”. Michelangelo Buonarroti, sostando a Viterbo durante uno dei frequenti viaggi a Roma compiuti tra il 1496 e il 1536, rimase talmente colpito dalla bellezza dei resti dell’antico stabilimento romano “del Bacucco” che ne fece due disegni a penna, oggi conservati presso il Museo di Vicar de Lille (Francia).

Le terme, oggi

A fianco delle sorgenti di libero accesso (localmente chiamate “pozze”), al giorno d’oggi gli
stabilimenti termali di Viterbo sono gestiti da privati che hanno in concessione l’utilizzo dell’acqua
sulfurea: strutture di livello che attraggono visitatori da ogni parte d’Italia e dall’estero.